5 errori da evitare nel rapporto con un head hunter (e come valorizzarlo al meglio)

da | 26 Nov 2025

frecce che si dividono in un bivio di scelte corrette (spunta verde) e errate (X rossa), simboleggiando la navigazione nel rapporto con un head hunter

Arriva un momento nella carriera di ogni professionista in cui si desidera dare una svolta o migliorare la propria posizione. In questo percorso, l’head hunter (o cacciatore di teste) emerge come una figura chiave. 

Meglio di qualsiasi mediatore di lavoro, l’head hunter è un alleato strategico, in grado di aprire le porte a opportunità di alto livello e posizioni che difficilmente si trovano sui canali tradizionali.

Per sfruttare al massimo questa relazione, è fondamentale comprenderne la dinamica e, soprattutto, evitare gli approcci errati che possono precludere il successo a lungo termine. Vediamo insieme quali sono le mansioni di un head hunter e quale ruolo può giocare nella crescita lavorativa di ognuno.

Chi è e cosa fa un head hunter: una distinzione necessaria

È importante non confondere l’head hunter con le agenzie di lavoro interinale, che rappresentano la forma più “tradizionale” e generica di mediatori tra lavoratori e aziende. Un head hunter che è parte di una società di executive search, per esempio, sarà specializzato nella ricerca e nella selezione di top manager, specialisti e talenti per conto di un’azienda cliente. 

Qual è l’obiettivo primario dell’head hunter? Il cacciatore di teste ha l’obiettivo di trovare la migliore risorsa possibile per un ruolo specifico e convincere la persona più appropriata a considerare l’opportunità proposta. Gli head hunter non si muovono principalmente per trovare un lavoro a chi lo cerca, ma per “catturare” talenti già di successo, affermati nei diversi campi

Per quanto riguarda le modalità operative, i consulenti di ricerca utilizzano le loro reti professionali e strumenti online (come LinkedIn) per costruire una “long list” di candidati ideali, spesso contattandoli direttamente, e ciò significa che spesso si rivolgono a persone che non sono in un momento di ricerca attiva del lavoro. 

Molte società sono focalizzate su nicchie di specializzazione, il che rende essenziale sapere identificare le aree pertinenti al proprio percorso.

Perché costruire una relazione di valore: i vantaggi concreti

Costruire e mantenere una relazione professionale e reciprocamente vantaggiosa con un head hunter è un investimento a lungo termine, che ripaga in termini di accesso a opportunità e di sviluppo della carriera.

  • Visibilità garantita: un head hunter aiuta a essere identificati e riconosciuti come talenti nel proprio settore, aiutando a posizionarsi in maniera più competitiva nel mercato del lavoro.
  • Accesso a posizioni non pubblicizzate: molte posizioni di alto livello vengono gestite in modo confidenziale e non vengono pubblicate per inserzione. La relazione con l’head hunter può davvero diventare l’unico canale per accedervi.

Quali sono gli errori più comuni da evitare?

Per instaurare un rapporto efficace con un head hunter, è fondamentale evitare alcune trappole comportamentali e strategiche che riducono drasticamente le possibilità di essere presi in seria considerazione. 

Gli head hunter cercano professionisti che si distinguono: commettere questi errori può far sì che il proprio profilo venga scartato o, peggio ancora, mai identificato. Prendiamo in esame cinque passi falsi molto comuni, per poi suggerire alcune strategie utili a correggere il tiro.

Errore 1: adottare un approccio passivo e reattivo

Molti professionisti aspettano semplicemente di essere contattati e rimangono invisibili per un tempo indefinito: questo approccio passivo è decisamente insufficiente per entrare nel circuito delle posizioni apicali. Se non si partecipa attivamente alla vita del proprio settore, si è semplicemente uno dei tanti.

Ad esempio, un IT manager che si limita a mantenere il proprio profilo LinkedIn aggiornato una volta all’anno, ma non partecipa a webinar o conferenze, né contribuisce con post o commenti a discussioni di settore, resta invisibile alle ricerche mirate.

La soluzione è aumentare la propria visibilità e coltivare il proprio personal branding. È prioritario partecipare attivamente a eventi, conferenze e seminari di settore, condividere articoli o pensieri online, e contribuire a forum e gruppi di discussione professionali. Per esempio, un profilo LinkedIn ottimizzato, con una headline d’impatto e un sommario che racconti i propri successi, può essere il biglietto da visita digitale che fa la differenza.

Errore 2: inviare candidature generiche e non mirate

Raramente inviare un’enorme quantità di candidature spontanee (“a pioggia”) o generiche si dimostra efficace. L’head hunter parte sempre da una ricerca con requisiti precisi o da una conoscenza, anche indiretta, del candidato. Le candidature non mirate vengono semplicemente inserite in un database con bassa priorità.

Un esempio concreto: un professionista che invia il suo CV a tutte le società di executive search d’Italia, senza verificare che queste si occupino del suo settore (es. un esperto in medicina nucleare che contatta un head hunter specializzato in tecnologia blockchain), spreca tempo e risorse.

Scegliere un approccio mirato ha risultati statisticamente molto più impattanti:

  • Rispondere agli annunci che corrispondono esattamente al proprio profilo.
  • La modalità a più alta efficacia è la segnalazione di un contatto comune. Coltivare la propria rete è essenziale: in questo modo, i colleghi di talento e che a loro volta dispongono di ottimi contatti potranno fare da ponte, creando connessioni da un giorno all’altro.
  • Concentrarsi su un numero ristretto di società, non più di cinque/dieci, il cui segmento di specializzazione è coerente con il proprio percorso di carriera.

Al contrario, aspettarsi di essere ricevuti anche senza alcuna attinenza con le ricerche in corso, inviare email collettive a più consulenti contemporaneamente, magari mettendoli tutti in copia visibile, candidarsi a qualsiasi posizione, anche non coerente, aspettandosi di essere inseriti nella short list sono tutti atteggiamenti che, a detta degli head hunters stessi, possono facilmente irritare e portare risultati negativi.

Errore 3: sottovalutare il primo contatto e il colloquio conoscitivo

Che sia una telefonata inattesa o un incontro programmato, il primo contatto è un’occasione cruciale per fare una buona impressione. Sottovalutare la necessità di apparire puntuali, corretti e preparati è un errore grave, in quanto il colloquio è un investimento di tempo da parte del recruiter.

Se un candidato, chiamato da un head hunter su segnalazione, si presenta in ritardo di 15 minuti all’incontro online e non ha a portata di mano i dati specifici (es. budget gestito, risultati quantificati) dei progetti citati nel CV, dimostra un atteggiamento che denota scarsa considerazione per l’impegno altrui. 

Parlare in termini troppo generici (“siamo” invece di “io”), senza evidenziare il proprio apporto concreto, non ringraziare, mostrare frustrazione, sparire dopo aver ottenuto una posizione per poi ricontattare solo anni dopo, in momenti di emergenza, sono altri esempi di comportamenti sgradevoli e poco lungimiranti.

La soluzione: non si deve rifiutare mai un incontro conoscitivo, anche se non si è immediatamente interessati al cambio, perché può aprire opportunità future in un secondo momento. Puntualità, correttezza e accuratezza delle informazioni fornite sono essenziali. Anche assicurarsi che CV e profilo LinkedIn siano costantemente aggiornati dettagliando progetti, tecnologie utilizzate e, soprattutto, quantificando i risultati ottenuti – è alla base del successo del primo contatto.

Errore 4: contattare un head hunter solo quando si è alla ricerca attiva di un lavoro

Molte persone cercano di costruire un network solo nel momento del bisogno, un approccio che può apparire poco sincero e opportunistico: le relazioni più forti, ovviamente, sono quelle costruite nel tempo (investimento a lungo termine).

Per esempio, un manager che non si fa sentire per tre anni e contatta il suo vecchio head hunter solo il giorno dopo aver ricevuto una lettera di licenziamento dà l’impressione di volerlo usare come “ruota di scorta” in un momento di crisi.

Come è facile immaginare, adottare un approccio a lungo termine è la strategia vincente. Anche se si è soddisfatti del proprio lavoro attuale, è importante mantenersi in contatto con gli head hunter e i colleghi di talento: si possono ricontattare per un semplice aggiornamento sulla propria situazione professionale, per condividere informazioni sul mercato o per invitarli a eventi di settore. 

Questo investimento costante nella propria rete è il segreto dei networker di maggior successo.

Errore 5: omettere dettagli importanti o fornire informazioni contraddittorie

L’omissione di dettagli salienti sulla propria carriera (ad esempio, un breve periodo di gap) o la fornitura di informazioni non verificabili o imprecise può minare la fiducia, che è fondamentale in queste relazioni professionali. 

Nel concreto, se un candidato afferma di aver gestito un team di 15 persone, ma la raccomandazione di un ex collega su LinkedIn fa riferimento alla sua eccellente gestione di un piccolo team di 5 persone, questa incongruenza solleverà immediatamente dubbi sull’accuratezza delle informazioni fornite.

È necessario essere consapevole del proprio valore e comunicare con chiarezza e trasparenza le proprie competenze e ambizioni. Bisogna essere pronti a condividere i propri successi, non per vantarsi, ma per dimostrare concretamente il valore che si è portato e si può portare, senza al contempo strafare, esagerare o menire

È poi essenziale che le competenze e i risultati siano confermati da referenze e raccomandazioni sul proprio profilo (da parte di colleghi, superiori o clienti).

Come trasformare l’head hunter in un partner di carriera a lungo termine

Per trasformare un head hunter da un semplice contatto a un vero e proprio partner di carriera, l’azione deve essere proattiva, coerente e incentrata sul valore reciproco:

  • investire costantemente: non si deve fare networking solo quando serve. Bisogna fare in modo che il proprio profilo e la propria rete siano sempre in crescita e aggiornati;
  • essere un esperto visibile: continuare a sviluppare competenze di nicchia e a dimostrare la propria autorità nel proprio campo attraverso l’attività online e la partecipazione al settore;
  • coltivare la fiducia: è necessario mostrare massima professionalità, trasparenza e accuratezza in ogni interazione. Le relazioni professionali più forti sono basate sulla fiducia reciproca e sulla percezione di essere professionisti con una chiara visione della propria carriera;
  • essere aperti: indicare la propria disponibilità a nuove sfide e progetti. Questa mentalità orientata alla crescita è esattamente ciò che i cacciatori di teste cercano nei potenziali leader.

In sintesi, la chiave è sforzarsi di rimanere visibili, assicurarsi che le proprie competenze e i propri risultati chiave siano di dominio pubblico, e adottare un approccio a lungo termine per costruire relazioni forti e vantaggiose.

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